Milano: Zona 9 Underground!
Dopo vari anni di studi e di ricerche nell’ambito dei rifugi antiaerei milanesi si cominciano a trarre alcuni dati. Si può ben affermare che il patrimonio conservatosi dalla Seconda Guerra Mondiale ad oggi sia rilevente.
Ad esempio, in Zona 9, presso la Scuola di Viale Bodio, si sono riallestite due grandi stanze sotterranee di quello che fu il Rifugio Antiaereo n° 87, puntellando le volte con tronchi d’albero e assi, così come lo erano un tempo. Ma, oltre a questo Rifugio, di cui si è parlato ampiamente nei mesi scorsi su NUg, anche e soprattutto a seguito della pulizia effettuata in collaborazione con Legambiente, si ricorda che la Zona 9 offre ancora diverse opportunità di “scoprire” rifugi antiaerei.
Ad esempio, nei locali sotterranei della scuola elementare di Via Passerini 8, era sicuramente presente un rifugio, come ci indicano le frecce all’ingresso e quelle nei locali. Lo stesso dicasi per la Scuola Caracciolo, in via Iseo 7.
Non si dimentichi che nel Parco Nord è stato rinvenuto un rifugio antiaereo di tipo tubolare dello sviluppo di circa 100 metri, dotato di ben quattro accessi distinti. Nell’ex area industriale rimengono ancora alcuni rifugi antiaerei da scoprire, i cui accessi sono interrati. Come fare a scoprirli? Basta guardare la differente colorazione del terreno, come si usa fare in archeologia! Vedere utilmente il box sulla Fotointerpretazione.
L’importante è certamente scoprire nuove strutture sotterranee, ma soprattutto tutelarle, per restituire ai cittadini un frammento della loro storia: quella che generalmente non viene insegnata sui banchi di scuola ai nostri figli. Buona indagine a tutti e soprattutto il mio ringraziamento a tutti coloro i quali, con entusiasmo e spirito di collaborazione, hanno piacere che si conoscano e si divulghino i rifuigi antiaerei ancora esistenti sotto la metropoli. Grazie a tutti!
Gianluca Padovan (Associazione S.C.A.M. – F.N.C.A.)
Accenni alla fotointerpretazione
Tratto da: Frignani Fabrizio, Alcune note di topografia: acquisizione e gestione delle informazioni sul territorio, in Padovan Gianluca (a cura di), Archeologia del sottosuolo. Lettura e studio delle cavità artificiali, British Archaeological Reports, International Series 1416, Oxford 2005, pp. 165-166.
«La fotointerpretrazione, riguarda il riconoscimento, l’identificazione e quindi la lettura delle innumerevoli forme, colori, tonalità, della superficie terrestre. Tramite questa lettura è possibile individuare anche al di sotto del primo strato di terreno eventuali strutture rocciose, o resti murari archeologici. A seconda della tipologia d’indagine da adottare si utilizzano determinati tipi di pellicola. La diversa sensibilità delle pellicole consente d’indagare differenti porzioni dello spettro elettromagnetico. La possibilità di disporre di coperture aeree risalenti a periodi diversi, permette d’individuare, o di chiarire, particolari anomalìe, talvolta non apprezzabili o non visibili in una sola immagine. Mediante la fotointerpretazione è possibile individuare strutture sotterranee, o il loro accesso come ad esempio taluni pozzi di servizio ad acquedotti o i dromos di alcune sepolture ipogee».
Per quanto riguarda la fotointerpretazione archeologica si sono proposte differenti chiavi d’interpretazione (Cosci M., La fotointerpretazione archeologica, Firenze 1988, pp. 29-30):
– crop-make, tracce dovute ad anomalie su di un terreno, dovute alla crescita di cereali, sotto cui esistono strutture murarie;
– grass (weed)-marks, tracce dovute a caratteristiche simili alle crop-make, dovute alla crescita di vegetali;
– shadow-marks, tracce lasciate da microrilievi del terreno;
– damp-marks, tracce determinate da anomalie di colorazione del suolo;
– soil-marks, tracce dovute ad anomalie determinate ral riporto in superficie di frammenti di strutture murarie o di materiale laterizio.
«Questa, in sintesi, è la giusta ottica con cui deve essere valutato il contributo della fotointerpretazione aerea: base preliminare e indispensabile per la conoscenza del terreno; guida per lo scavo anche quando i dati rilevabili dallo studio delle fotografie possono apparire di scarsa rilevanza; documentazione unica e irripetibile di uno stato del terreno che si è venuto a creare nel tempo per la presenza dei resti antichi nel sottosuolo e che viene irrimediabilmente modificato in seguito allo scavo» (Alvisi G., Riflessioni sulla fotointerpretazione aerea per l’archeologia, in Bianchi S., Campolongo M., Sutera S., Archeologia e Tecnologia, Firenze 1996, p. 66)».