Milano: Bunker della Prefettura
Al centro della divisione che separa i giardini di Palazzo Diotti da quelli di Palazzo Isimbardi è stato ultimato nel 1943 un rifugio antiaereo di cemento armato. Si dice che l’ultima notte milanese Benito Mussolini e Claretta Petacci la passarono proprio qui, per salire poi sulla Topolino e lasciare non Palazzo Diotti, ma Palazzo Isimbardi, dal lato che guarda via Vivaio.
Il rifugio si compone di due piani, uno sotterraneo e l’altro seminterrato. La funzione era di offrire ricovero al personale della Provincia (Palazzo Isimbardi), accogliendoli al piano superiore. Il piano inferiore era invece destinato a essere la centrale operativa della Prefettura e qui aveva il suo ufficio il Prefetto di Milano.
Entrambi i piani erano forniti di due accessi indipendenti chiusi con porte blindate antiscoppio, oltre cui vi era un piccolo antiricovero chiuso verso l’interno da porte metalliche antigas, dotate di spioncino in vetro blindato. Duplici sono anche gli impianti di ventilazione forzata, filtrazione e rigenerazione dell’aria; quello del piano inferiore è ancora dotato dei filtri con stampigliata la scritta «PIRELLI 1944». In caso di bombardamento con i gas tossici l’intero bunker poteva essere sigillato e l’aria opportunamente depurata dagli aggressivi chimici.
Gli impianti igienici non mancano e sono dotati di antibagno con lavandino e gabinetto; il piano del Prefetto aveva a disposizione un bagno con vasca, oggi rimossa come tutti gli altri arredi.
Il Bunker è dotato anche almeno di un impianto di smaltimento indipendente, situato nel giardino di Palazzo Isimbardi: attraverso tubature le acque luride erano convogliate in una prima vasca e tramite appositi scarichi fatte defluire in un pozzo perdente, profondo poco più di 8 m. L’impianto è provvisto di sifoni per evitare che, in caso di bombardamento con i gas, questi potessero penetrare nel rifugio tramite le tubature.
Si può dire che il complesso rappresenti un’architettura unica nel suo genere a Milano e in Lombardia.