LISSONE: le sue radici
Le radici di Lissone
I più recenti orientamenti, in materia di valorizzazione del patrimonio paesaggistico, mettono in evidenza la necessità di un sempre maggior coinvolgimento, delle popolazioni insediate, nella definizione dei valori da salvaguardare e delle necessarie azioni per migliorare la qualità dei luoghi laddove non esiste, o si è fortemente ridotta.
La Convenzione Europea del Paesaggio (Firenze 2000), tra le misure di natura generale, da attuare da parte degli stati, comprende quella di: «avviare procedure di partecipazione del pubblico, delle autorità locali e regionali e degli altri soggetti coinvolti, nella definizione e nella realizzazione delle politiche paesaggistiche». I cittadini sono dunque sempre più spesso chiamati a esprimersi in merito al destino della propria città.
Questo compito richiede una presa di coscienza del luogo che non è sempre così facile o scontata. Sono dunque necessarie azioni più specifiche di sensibilizzazione e di educazione all’individuazione dei caratteri di un paesaggio e dei suoi valori. Così recita a proposito ancora la Convenzione Europea del Paesaggio: «Sensibilizzazione: si tratta di accrescere la sensibilizzazione della società civile, delle organizzazioni private e delle autorità pubbliche nei confronti del valore dei paesaggi, del loro ruolo e della loro trasformazione. (…) Individuazione e valutazione: si tratta di mobilitare i soggetti interessati ai fini di una maggior conoscenza dei propri paesaggi e di guidare i lavori d’individuazione e valutazione dei paesaggi».
Questo libro, voluto dall’amministrazione comunale, Assessorato alla Cultura, e scritto da Gianluca Padovan, risponde quindi alle esigenze dalla Convenzione. Ha, fra l’altro, il pregio di riportare alla luce la tradizione perduta di attingere l’acqua dai pozzi. Tradizione che ha avuto un ruolo fondamentale nella costruzione della società Lissonese, a giudicare dal numero di pozzi pubblici che la città aveva, fino agli inizi del XX secolo.
Attraverso le indagini di “Archeologia del sottosuolo” si è raggiunto l’obiettivo di mettere a nudo le radici di Lissone. Si é virtualmente scavato nel Tempo e si é fisicamente scavato tra i documenti dell’ Archivio Storico Comunale per portare alla luce frammenti di una realtà nascosta e ormai credo anche dimenticata per i più.
Tuttavia proprio questa operazione di riappropriazione di una antica modalità di vita consente di riflettere sul valore dell’elemento acqua ed è motivo per riflettere sull’uso che oggi facciamo di questa risorsa vitale e limitata. La modalità di appropriazione dell’ acqua rispecchia la maturità o l’immaturità di un’epoca. La tendenza odierna a sprecarla, considerandola a torto illimitata, perché facilmente alla nostra portata, richiede una rapida “inversione di rotta”.
Le più recenti acquisizioni nel campo della cultura architettonica e urbanistica hanno inoltre messo in luce lo stretto legame tra l’azione della natura e l’azione umana nella costruzione di un paesaggio. Questo concetto è sotteso in tutta la trama del libro. L’autore inizia infatti col descrivere la geologia e l’idrografia di Lissone, ma immediatamente dopo, nel secondo capitolo riporta il discorso sulla presenza umana, a partire dai tempi più remoti, per poi soffermarsi sugli aspetti tecnologici sottesi alla modalità di approvvigionamento dell’acqua.
Idealmente, in questo testo vivono in un unico presente tutte le civiltà che hanno contribuito a costruire la Lissone di oggi. Purtroppo la maggior parte delle tracce del suo passato più lontano, e spesso anche di quello prossimo, sono state sacrificate alle esigenze della modernità e inesorabilmente sottratte alla vista.
Non tutto però è perduto irrimediabilmente: attraverso i documenti, e il libro lo dimostra, è possibile ricomporre il quadro delle conoscenze e offrire spunti per proporre una eventuale messa in luce di quelle strutture ancora esistenti sotto un leggero strato di asfalto. L’auspicabile ricostruzione, laddove è possibile, della presenza degli elementi per raggiungere e cogliere l’acqua, la fonte di vita, porta con sé l’augurio di una ritrovata aspirazione ad una vita quotidiana di qualità e di una rinnovata percezione dei luoghi dell’abitare come effettivamente propri, luoghi eletti e quindi curati e ricreati.
Dalle pieghe delle pagine che compongono questo libro trapela l’invito pressante a guardare il quotidiano con occhi “nuovi”, a ritrovare la capacità di stupirsi e di imparare anche dall’elemento costruito a scopo utilitaristico.
Si auspica che le “architetture utili” del passato, del presente e del futuro, siano riconosciute come tracce di vi ha abitato e di chi vi abiterà, elementi del paesaggio da conservare e valorizzare in quanto espressione culturale della vasta comunità umana che li si è insediata.
Avviandomi alla conclusione della presentazione, desidero proporre una considerazione di Piero Camporesi, tratta dal suo bel libro Le belle contrade. Nascita del paesaggio italiano (Garzanti 1992). Riferendosi al periodo Rinascimentale, che considera il momento nascente del paesaggio italiano, egli scrive: «nel bene e nel male, sia come incubo idrico sia come elemento vitale, dispensatore e regolatore della vita, l’acqua era sempre presente nella realtà civile, nei progetti collettivi e nelle fantasie individuali» (Camporesi P., 1992, p. 58).
L’acqua dunque come leggero e trasparente “filo conduttore” di un discorso che è un invito a conoscere il proprio passato, a progettare il proprio futuro, e che vuole contribuire allo sviluppo di una coscienza della responsabilità nei confronti dei valori e dei processi evolutivi del paesaggio.
A tal proposito la Dichiarazione della Seconda Conferenza degli Stati contraenti e firmatari della Convenzione Europea del Paesaggio riunita a Strasburgo il 28 e 29 novembre 2002 esorta: «A favorire la ricerca sulla conoscenza quantitativa e qualitativa dei valori che le popolazioni attribuiscono ai paesaggi (…) a promuovere i saperi tradizionali e un reciproco riconoscimento di questi saperi e delle conoscenze scientifiche (…) a favorire l’accesso ai risultati della ricerca scientifica e la loro comprensione non soltanto da parte del mondo scientifico, ma anche da parte dell’insieme della società; a promuovere la cooperazione su progetti relativi a sistemi di valori attribuiti ai paesaggi dalle società interessate».
Un ringraziamento dunque all’amministrazione comunale e all’autore per il prezioso contributo alla conoscenza del paesaggio di Lissone.
Lissone 2011
Maria Antonietta Breda (Politecnico di Milano)