La cultura del tondino… e del “dischetto”
Quando sopraggiunse l’indotta “crisi economica” degli anni Novanta riuscii a scorgervi un lato positivo: la mancanza di denaro (il “dischetto”) avrebbe mandato alle ortiche un grande progetto culturale: la “restituzione del Castello di Milano alla Città”.
In pratica il progetto culturale prevedeva innanzitutto che il Castello “si mantenesse da solo”. Via le biblioteche, dentro ristoranti e bistrot. Il circuito sotterraneo della Ghirlanda (500 metri di percorso principale) sarebbe diventato la vetrina espositiva di famosi stilisti, il rivellino leonardesco sarebbe stato sventrato dall’interno e trasformato in un bel centro multimediale per i giovani, sotterraneo ma in cemento armato, e via così.
Il cuoricino mi duole ancora nel rimembrare che le nostre sudatissime indagini speleologiche interessavano per un sol motivo: allargare qualche cosa d’esistente costa meno che realizzarlo di sana pianta. In pratica qualcheduno avrebbe voluto utilizzare le gallerie che uscivano dal Castello per ampliarle e farci luminescenti passaggi perdonali, anche questi con vetrine e negozi ovviamente. Altrettanto ovviamente abbiamo evitato di segnalare quelle gallerie che sapevamo appetibili per i “cementificatori” travestiti da “promotori et dispensatori di cultura”.
Intanto stanno lì, in attesa di tempi più civili.
Il resto ve lo risparmio e vengo al punto, o meglio al tondino.
Da decenni quando sento parlare di “progetti culturali” temo sempre il peggio. Troppo spesso il “progetto culturale” è portato in palmo di mano dai media e realizzato solo se si può costruire, cementificare, sfondare, spendere cifre spropositate di denaro “pubblico”. L’importante non è la cultura, ma “il far girare il soldo”.
La pillola per l’alito ve la mostrano bella bianca come la neve e magari ci cascate solo per scoprire, troppo tardi, che la patina bianca cela il nucleo giallo, quello allo zolfo oppure al cristallo d’arsenico.
Un esempio recente ed eclatante: Saint-Martin-de-Corléans, ad Aosta. Sito archeologico eccezionale convertito in un vero e proprio insulto al buon senso e all’importanza del sito stesso.
“Anatema!”, griderà qualcheduno a codeste mie parole.
Ed io, di rimando, così rispondo.
La ciclopica opera di copertura è costata 4-5 volte il preventivato, ha cementificato un’area enorme e poi andatela a vedere con i vostri occhi. Poi se ne riparla.
Quando alle porte bussa l’ultimo mese dell’anno rimango sempre intenerito dalla dabbenaggine di coloro i quali, oramai non più bambini, credono ancora che giungano al loro camino Santa Lucia, Babbo Natale, la Befana e chissà cos’altro per portare doni e (perché no?) cultura!
A proposito, sto pensando di scrivere un nuovo libro e ve ne anticipo il titolo: «Prendiamoci sotterraneamente per il c…lo!».
Liete et sagaci riflessioni.
Gianluca Padovan