ARCHEOLOGIA MINERARIA: note metodologiche. Ottava parte
Strumenti di misura Stando alle fonti è dal XVI secolo che si evolvono i metodi di coltivazione e si utilizza con una certa sistematicità la strumentaria da miniera. Se ne hanno esempi nel “De re Metallica” [Agricola, V, pp. 90-106] e nel seicentesco “Pratica Minerale” [Della Fratta 1678, pp. 23-42].
ARCHEOLOGIA MINERARIA: note metodologiche. Nona parte
Topografia in miniera Lascio alle parole di Seguiti un accenno al significato di “topografia da miniera”. Il suo libro merita almeno una consultazione; la strumentaria descritta e riprodotta oggi, a distanza di quasi settant’anni [oggi oramai più di ottanta. N.d.A.], possiamo trovarla solo presso qualche museo o qualche collezionista privato. Ciò non vuol dire che…
ARCHEOLOGIA MINERARIA: note metodologiche. Decima parte
Archeologia mineraria La natura del suolo, del sottosuolo e del giacimento minerario condizionano la morfologia della miniera e l’organizzazione del lavoro. Lo studio di una coltivazione mineraria è finalizzato all’acquisizione delle informazioni che permettono di comprendere:
ARCHEOLOGIA MINERARIA: note metodologiche. Undicesima parte
Due passi sul campo: topografia e prospezione di superficie La prospezione di superficie consente l’individuazione delle aree di coltivazione (accessi e discariche), di pesta, di scorie di trasformazione metallurgica, degli opifici produttivi, della viabilità e degli insediamenti.
ARCHEOLOGIA MINERARIA: note metodologiche. Dodicesima parte
Paesaggio storico e cicli produttivi Lo studio dei cicli produttivi permette di affrontare le problematiche dell’attività umana in rapporto alle risorse naturali.
ARCHEOLOGIA MINERARIA: note metodologiche. Tredicesima parte
Rischi senza frontiere La miniera abbandonata è un luogo che cela varie insidie. In parole povere è potenzialmente pericolosa. Certamente uno speleologo sarà meno esposto ai rischi legati alla progressione, perchè già abituato ad andare in grotta, quindi ad affrontare ambienti bui, con pozzi, discenderie, parti instabili, acqua e quant’altro.
I Navigli di Milano (seconda parte)
Il grande porto d’Italia Non si dimentichi che Milano, e per l’esattezza la sua Darsena e gli attracchi minori, costituivano uno dei maggiori porti d’Italia e la “classifica” veniva (e viene) stabilita in base al tonnellaggio delle merci scaricate e caricate: «Arrivano a Milano sabbia, laterizi, pietre da taglio, legna, carbone, generi alimentari, sale, metalli;…
I Navigli di Milano (prima parte)
In tema di canalizzazioni vediamo che il Naviglio Grande è il canale artificiale più importante della città di Milano e deriva le sue acque dal fiume Ticino. Stando ad alcune cronache medievali il suo scavo principierebbe nel 1177 o nel 1179.
L’acquedotto “dei Piceni” a Camerano (parte seconda)
Si è già parlato del Buco del Diavolo identificandolo come l’accesso laterale allo specus di un acquedotto, che è stato denominato “Acquedotto dei Piceni” a ricordo delle genti che abitavano il territorio prima dell’arrivo delle legioni di Roma.
Buco del Diavolo: accesso all’acquedotto ipogeo di Camerano (parte prima)
Il Buco del Diavolo è l’accesso laterale allo specus di un acquedotto. Con questo toponimo, in apparenza così singolare, è da intendersi solo il tratto di cunicolo che è stato aperto, anche con un rilevante sbancamento esterno, su Fosso Boranico.