Archeologia del Sottosuolo nel XXI secolo
In questi primi decenni del XXI secolo viviamo in città che pian piano assumono l’aspetto di megalopoli, erroneamente convinti di avere compreso tutto o quasi del loro passato. In verità ignoriamo quanto poco sappiamo persino del presente. Ma due sono le cose che fanno riflettere: la fame di novità e la curiosità per il cosiddetto “mondo sotterraneo”. Emittenti nazionali ed estere trasmettono sempre più spesso reportages sul sottosuolo dei centri urbani e nulla scatena le fantasie fanciullesche, nel bimbo che in noi è sopito, come le storie che ne parlano. Meglio ancora se hanno il sapore del “passaggio segreto”, della “tomba misteriosa” o del bunker pieno di scheletri.
Ma cosa si cela nella città del “piano inferiore”?
Sotto abbiamo le architetture sommerse del borgo che cresce in altezza, sedimentando il proprio passato. Sotto sono stati costruiti o semplicemente scavati gli spazi che non potevano trovare posto in superficie. Oggi li chiamiamo “sottoservizi” e sono la risultante di un processo evolutivo che va indagato per essere capito. Le opere del passato parlano a noi, ci comunicano delle informazioni come la tecnologia dell’epoca, ispirano sentimenti, possiedono un linguaggio proprio. Ci inducono ad esplorarli per poi condividerli soprattutto sui social, così da promuoverne la riqualifica o anche solo semplicemente organizzarli per le visite turistiche. Metaforicamente parlando, sotto di noi si nasconde il nostro passato.
Se lo scavo archeologico sfoglia, per così dire, a ritroso il depositarsi del tempo e delle tracce dell’essere umano, un pertugio che dà accesso ad un vero e proprio labirinto di gallerie da solo ci fornisce l’esempio di una struttura più o meno antica, perfettamente leggibile e quindi studiabile. La sua esplorazione può trasmettere persino il gusto dell’avventura, se condotta con criterio e badando alla propria incolumità.
Tutte queste architetture sotterranee, questi “spazi ipogei”, li abbiamo suddivisi mediante criterio scientifico. Li abbiamo catalogati a seconda della “tipologia di appartenenza” per poterli studiare e comparare. In poche parole, abbiamo letteralmente inventato l’Archeologia del Sottosuolo.
Ora si tratta di applicare su macro scala quanto abbiamo appreso in decenni di indagini. Milano sarà pronta a “illuminare” le decine di chilometri di canali che ancora sotto di lei scorrono? Oppure le centinaia di rifugi antiaerei che ancora aspettano che la sirena dell’allarme interrompa il lugubre suono?
Starà a tutti noi scoprirlo, sinergicamente.
Gianluca Padovan