Aggressivi chimici e bombe dal cielo
Dopo il 1918 in Italia si parla a lungo sugli effetti dei gas asfissianti e vescicanti al fronte, tra reticolati e trincee, ma pure sui possibili impieghi mediante l’aviazione contro le città e i civili inermi. Per comprendere cosa si pensava e si scriveva tra le due guerre, a proposito dell’eventualità di subire attacchi dal cielo, si riporta lo stralcio di uno scritto di Roberto Mandel, pubblicato nel 1932 a Milano:
«Per quanto la popolazione urbana venga rarefatta dagli sfollamenti, dobbiamo prevedere che almeno un residuo di essa rimanga nel centro abitato mentre questo è fatto segno alle offese del nemico. Per di più, qualora l’assalto avvenisse di sorpresa da parte di forze avversarie notevoli, potrebbe darsi che la fuga verso la campagna – esponendo i cittadini al grave pericolo di cadere colpiti lungo il cammino – non si prospettasse conveniente. Ecco, quindi, l’opportunità dei rifugi, cioè dei luoghi in cui gli inermi possono raccogliersi al sicuro anche per lungo tempo. Poiché, come sappiamo, l’azione micidiale degli aggressivi chimici non s’estende oltre uno strato atmosferico dell’altezza di 50 o di 60 metri, potrebbe sembrare – a prima vista – che i punti della città emergenti sopra l’aria inquinata offrissero un asilo confacevole. Non è così. Ben di rado il nemico ricorrerà soltanto ai proiettili gassogeni o all’emissione dei tossici. Le bombe dirompenti e quelle incendiarie verranno lanciate al tempo stesso sul bersaglio. Un rifugio dev’essere pertanto sicuro pur da questi artifici distruttivi. La protezione contro i tipi di proiettili estranei alla guerra chimica, si ottiene sovrapponendo al locale dove si raccolgono le persone uno scudo di spessore e di consistenza notevoli. Un sotterraneo posto ad una quindicina di metri dal livello del suolo, avrebbe sopra di sè uno strato di terra sufficiente a preservarlo. Le cantine e le gallerie delle metropolitane sono i luoghi meno esposti alle distruzioni ed agl’incendi, mentre la loro ubicazione è quanto mai sfavorevole alla difesa contro i tossici. Per contro, i punti elevati ben difficilmente si potrebbero proteggere dai proiettili dirompenti od incendiari. Il problema è reso difficile dall’impiego contemporaneo dei mezzi offensivi. Appunto per questo, non è probabile che l’avversario rinunci -come alcuni prevedono- all’arma chimica. Per quanto le granate distruttive divengano sempre più efficaci fino a dare la certezza di risultati vistosissimi, il loro uso esclusivo semplificherebbe la difesa, mentre l’adozione dei tossici la
complica a tutto vantaggio dell’aggressore. Una soluzione ideale potrebbe essere quella costituita da un rifugio dalle pareti impenetrabili nel quale si discenderebbe da una torre più alta di 60 metri, protetta tutt’intorno da un monticello di terra battuta e di ghiaia. In questo caso, un gioco di pompe aspiranti l’atmosfera esterna attraverso tubature correnti all’interno della torre d’accesso varrebbe a mantenere l’aereazione del locale dove si potrebbe rimanere senza limite di tempo».
(Mandel R., I gas di guerra, Gorlini Editore, Milano 1932).