10. Milano: il perché delle opere bastionate
Milano: il perché delle opere bastionate
Tratto da: Gianluca Padovan & Ippolito Ferrario, Alla scoperta di Milano Sotterranea, Newton Compton Editori, Roma 2018.
Milano: il perché delle opere bastionate
Qual’è stata la funzione della cintura bastionata? Semplicemente chiudere la città e i suoi abitanti in un capestro. Difatti da bastioni e piattaforme non fu sparato alcun colpo di cannone e quando un esercito s’approssimava a Milano le truppe d’occupazione di turno abbandonavano le difese urbane e si chiudevano nella Cittadella. A conti fatti la cintura difensiva meneghina potrebbe essere più utilmente chiamata “cintura daziaria” perché tutte le persone in entrata e in uscita erano soggette a controllo, dovendo necessariamente passare attraverso le porte ben guardate dai soldati. E tutte le merci pagavano il dazio, la tassa, o meglio la “gabella”. Costruite con i soldi spremuti ai cittadini, le mura hanno continuato a spremerli anche dopo. Viene così a delinearsi la linea di confine tra una Milano chiusa nelle mura e i Corpi Santi, quei territori limitrofi che diverranno Comune autonomo. I secoli trascorrono, l’acqua fluisce pigramente nei canali e la città in piena volontà d’espansione farà sì che l’8 giugno 1873, come già detto in altri capitoli, si annetta in un solo colpo tutti i territori dei Corpi Santi.
Se pensate che il tempo cancelli ogni cosa vi sbagliate: dando un’occhiata all’odierna “Area C” vi renderete conto che essa ricalca più o meno fedelmente il vecchio nucleo “capestrato” della città. Oggi l’“Area C” comprende il centro storico «con restrizioni di accesso per alcune tipologia di veicoli», non applicate a chi vi risiede. Se volete accedere con il vostro veicolo basta pagare un ticket, ma ricordando che l’accesso è gratuito nei giorni festivi.
Tornando alle nostre architetture militari vediamo che una descrizione dell’impianto difensivo urbano ce la fornisce il conte Galeazzo Gualdo Priorato (Vicenza 1606 – Vicenza 1678), che nell’anno 1666 scrive una relazione sulla città di Milano allora governata da Don Luigi Guzman Ponze di Leone, come testualmente impresso nelle prime pagine dell’opera.