NAPOLI TRA SOPRA E SOTTO

Febbraio 1, 2022 Off Di Archeologia del sottosuolo

Scolpito nella roccia

La sommità dello sperone roccioso che domina la città di Napoli è interamente occupata da una grande fortificazione: Castel Sant’Elmo.

Se alzate lo sguardo al di sopra dei tetti delle case e dei palazzi, oppure se approfittate dagli ampi spazi offerti da talune piazze, lo vedrete senz’altro: al sole brilla di colore giallo, quello del tufo napoletano, naturalmente.

Pare che in origine sulla sommità della collina vi fosse una chiesa dedicata a sant’Erasmo, il cui nome è abbreviato in Ermo e poi corrotto in Elmo. Successivamente, nel periodo normanno, venne eretta una torre e «nel 1170 vi fu costruita la Fortezza Belforte. Nel 1329 Roberto d’Angiò fece erigere un palatium castrum dagli architetti Francesco de Vico, Attanasio Primario, Balduccio di Bacza e Tino di Camaino; i lavori erano compiuti nel 1343» (Paolo Marconi -a cura di-, I Castelli. Architettura e difesa del territorio tra Medioevo e Rinascimento, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1978, p. 480).

Nel 1456 un terremoto lo manda parzialmente in rovina e sul finire del secolo, nel 1495, Francesco di Giorgio Martini «cominciò ad innalzare le prime due torri di un perimetro approntato nel 1496» (Ivi).

Data la posizione strategica nel 1537 la fortezza è completamente ricostruita nell’arco di nove anni su ordine del vicerè don Pedro de Toledo.

Castel Sant’Elmo ha la controscarpa, il fossato e parte dell’alzato completamente tagliati nella roccia, mentre la metà superiore è in conci di tufo. Presenta una pianta stellare schiacciata, composta da otto punte, quattro delle quali disegnano due tenaglie in direzione nord-ovest e sud-est.

Le dodici facce rettilinee della fortezza sono tenute sotto controllo da altrettante casematte ricavate negli angoli rientranti, le cui feritoie sono straordinariamente incassate tra roccia e muratura nonché ampiamente strombate. Quasi tutte le casematte sono provviste di doppia feritoia e alcune alloggiano ancora i cannoni. La difesa era poi completata da altre casematte e dai pezzi d’artiglieria posti sulla sommità, in barbetta.

L’approvvigionamento idrico era garantito da cisterne.

G.P.