1522: TRINOMIO VINCENTE (quarta parte)
1522, TRINOMIO VINCENTE: FOSSATO, ARCHIBUGIO E MILIZIA MILANSE
… Attorno alla Bicocca si batterono come leoni per la sopravvivenza del Ducato
Tratto da: Gianluca Padovan, Forse non tutti sanno che a Milano…, Newton Compton, Roma 2016.
Ecco scene e retroscene, mosse e contromosse di una battaglia passata troppo spesso sotto silenzio.
Nel lungo momento storico in cui in Italia le sorti dei conflitti sono determinati dall’impiego delle truppe mercenarie, le milizie e la cavalleria milanesi tengono testa ad un esercito straniero. Difatti l’ultimo della dinastia sforzesca guida in battaglia quattrocento cavalieri della nobiltà milenese e circa seimila fanti tra milizia popolare e armigeri.
La vittoria sul campo della Bicocca salva Milano dai saccheggi e le truppe del Re di Francia in ritirata possono rivalersi solo col motteggio: “… non è che una bicocca!”, in senso spregiativo. Ovvero, non erano riusciti a conquistarla, ma non ne valeva poi la pena, sorvolando sulle migliaia di morti che avevano lasciato sul campo. Per dovere di cronaca si riporta anche quanto dice al proposito Bagnoli: «Il ricordo della memoranda battaglia lo ritroviamo in un detto comune ai Francesi, i quali, quando vogliono significare che la conquista di un luogo condurrebbe al disastro, usano dire: “C’est une Bicoque”».
In ogni caso, pur di etimo incerto, la parola “bicocca” rimane ad indicare una piccola fortificazione, un fortino, nonché «una piazza da guerra mal fortificata e perciò poco atta alla difesa» e «casupola, catapecchia; casa diroccata». Nel Dizionario Milanese-Italiano di fine Ottocento si legge: «Bicocca, Arcolaio. Con la bicocca se fa gió el reff e con l’aspa el se fà su: Con l’arcolaio si dipane e coll’aspo si ammatassa», mentre “bicoccà” vuol dire “barellare” e “bicoccada” è il barcollamento. In un più recente vocabolario leggiamo invece: «Bicòcca. Casupola male in piedi; deriva dal verbo longobardo “bicockan”, che voleva dire osservare; ed era appunto ciò che facevano i nostri antenati, quando dall’alto delle torri e delle mura scrutavano le mosse dell’eventuale nemico, al riparo meteorologico di un casotto perlopiù di legno».
Il fatto d’armi si svolge il 27 aprile 1522, sui campi laddove oggi sorge l’Università Bicocca di Milano ed esiste ancora la Bicocca degli Arcimboldi. A tutti gli effetti, come vedrete, può essere considerata la prima “battaglia moderna” d’Europa. Non è un gran vanto visti i decessi, ma dal punto di vista puramente storico ha un suo chiaro valore. E questo senza tenere conto del fatto che si evitò il saccheggio di Milano.
In un tempo non molto lontano dal fatto d’arme esisteva un castello di cui nulla si sa, se non che verosimilmente andò in rovina e venne acquistato dalla facoltosa famiglia Arcimboldi. Agli inizi del Quattrocento Filippo Maria Visconti pagò a Nicolò Arcimboldi gli studi di diritto a Pavia, la cui università risale al 1361 e il Collegio universitario Castiglioni al 1429.
La Bicocca è quindi costruita con ogni probabilità nella prima metà del XV secolo sui lacerti del castello: «Lo dicono i materiali, lo stile. Lo affermano gli esperti. Ma non c’è certezza di data, perché il primo documento che attesta l’esistenza della villa risale al 1492 (…). La Bicocca nacque come casino di caccia e, negli anni, divenne “villa di delizia”, isolata alcova».
Oggi si può leggere qui e là che la sconfitta delle armi francesi sia da imputare alla sconsideratezza dei mercenari svizzeri, oppure che Imperiali e Milanesi non stravinsero per colpa dei mercenari tedeschi che non passarono al contrattacco, ma soprattutto che gli Spagnoli furono i più bravi. E qui sorrido perché avrei proprio voluto contarli, gli Spagnoli veri. Nel senso che la maggior parte erano italiani, reclutati nell’esercito asburgico.
Qualcheduno afferma addirittura che la faccenda si concluse “pari e patta” e il giorno seguente i Francesi furono tentati di replicare l’attacco. Ognuno tira l’acqua al suo maglio o al suo mulino, ma atteniamoci ai fatti e vediamoci chiaramente.
Abbiamo appena lasciato, nel capitolo precedente, l’esercito francese comandato da Odet de Foix conte di Lautrec che si acquartiera a sud di Monza, mentre Prospero Colonna, che comanda l’esercito imperiale, esce da Milano mettendosi sulle sue tracce.
Colonna sa bene cosa deve fare: provoca Odet de Foix a saltargli addosso alla Bicocca, ma ben sapendo che lo schiaccerà sull’aperta campagna con i fanti armati d’archibugio. In pratica sceglie con cura il terreno dello scontro e gli tende una trappola degna del migliore manuale di strategia militare.
La storia della battaglia desidero raccontarvela attraverso le parole di due persone all’epoca esistenti, seppure non presenti sul campo di battaglia: Paolo Giovio (Como 1483 – Firenze 1552) e Francesco Guicciardini (Firenze 1483 – Arcetri 1540). Poi, a Voi, l’“ardua sentenza” su meriti e demeriti dei contendenti.
Così dice Guicciardini: «Alloggiava l’esercito de’ nimici alla Bicocca, vila propinqua tre miglia, poco più, è mano da Milano, ove risiede un casamento assai spatioso circondato di giardini non piccoli, che hanno per termine fosse profonde; i canpi, che sono attorno, sono pieni di fonti, e di rivi condotti, secondo l’uso di Lombardia».
La Bicocca degli Arcimboldi sorgeva su di un’area quasi impercettibilmente più elevata rispetto alle circostanze. Non si pensi, anche in questo caso, a chissà quali altezze, ma al massimo ad un paio di metri. Tale area si trovava a sua volta più o meno al centro di un vasto appezzamento di terreno pianeggiante e ben delimitato, la cui forma richiamava un trapezio irregolare ribaltato. Ora chiudete gli occhi e provate ad immaginarvelo con i quattro lati delimitati ognuno da una viabilità e quelli ovest e sud anche da un canale profondo e ridondante d’acqua corrente.
Ora Vi descriverò in dettaglio ogni sua parte.
Il lato maggiore, ovvero la “base”, è rivolta a nord, in direzione di Cascina Torretta, e possiamo dire che misura (o meglio misurava) all’incirca 1.090 metri in linea d’aria: 790 metri “su strada” e 300 metri attraverso i campi.
Vediamolo in dettaglio.
Una strada carrareccia non perfettamente diritta, impostata sull’asse sud ovest – nord est, ne marca il confine per i quattro quinti, praticamente per i primi 790 metri circa. Poi piega repentinamente a nord per circa 200 metri e infine ad angolo retto a est per 500 metri circa andando ad incontrare la strada che da Milano va a Cascina Torretta, altra residenza fortificata. La strada carrareccia è larga circa 5-6 metri e il suo fondo è incassato rimanendo a un metro un metro e mezzo al di sotto della circostante quota di campagna. All’interno del campo e lungo il lato della carrareccia si scava una poco profonda trincea e s’innalza un parapetto con terra, legname e gabbioni. Prospero Colonna fa posizionare al riparo alcuni cannoni e schiera su quattro file gli archibugieri Tedeschi dell’esercito lanzichenecco e gli Spagnoli dell’esercito imperiale. Dietro di essi prendono posizione i picchieri lanzichenecchi e spagnoli, divisi in “quadrati”. In tutto sono alcune migliaia di uomini. Alle spalle vi sono due squadroni di cavalleria comandati da Antonio de Leyva e dallo stesso Colonna.
Per quanto riguarda l’ultimo tratto di 300 metri circa, che corre in mezzo ai campi, vediamo che tanto a nord quanto a sud e fin quasi all’altezza della Bicocca, abbiamo appezzamenti di terreno adacquati e percorsi da un fosso. Pertanto questa parte sarà stata senz’altro presidiata da reparti di fanteria, ma di certo non si temeva un attacco portato attraverso tali campi.
Il lato est, lungo più o meno un chilometro e mezzo, è marcato dalla strada che conduce a Cascina Torretta, con l’accesso alla Bicocca a sinistra, nella metà inferiore. Anche qui, a est e a nord, abbiamo ampi appezzamenti di terreno coltivati a risaia o tenuti a marcita, la quale è una «speciale coltura pratense diffusa in particolare nella pianura padana, a valle della linea delle risorgive permanenti (…), sulla quale si pratica anche d’inverno, adoperando l’acqua delle risorgive stesse (avente temperatura di 8-12 °C): questa, scorrendo ininterrottamente sul terreno, impedisce il raffreddarsi del rivestimento erboso del prato». In buona sostanza i campi “adacquati” non sono certo un buon terreno per le fanterie e soprattutto per la cavalleria tanto pesante quanto leggera, quindi Colonna presume che anche lungo tutto il lato est non sarà attaccato. Comunque, a scanso di spiacevoli sorprese, fa occupare la strada da Francesco Maria II Sforza con la sua cavalleria, composta da circa quattrocento nobili milanesi.
All’angolo nord ovest del trapezio, appena a lato sud della strada carrareccia, vi è l’ampia testa di un fontanile con la sua asta che scende leggermente obliqua ad alimentare il Fosso Testone e marcare tutto il lato ovest, lungo circa 820 metri. Tale canale piega poi ad angolo verso est delimitando anche tutto il lato sud, lungo circa 455 metri. Per inciso occorre dire che in prossimità di quest’angolo vi sono altre due teste di fontanile (uno di essi si chiama Testa de’ Pietri), con le relative aste. All’incontro con la Milano-Cascina Torretta il Fosso Testone piega nuovamente e costeggia la strada in direzione sud.
Vi ricordo che anche i lati ovest e sud sono marcati da una carrareccia e questa si sviluppa lungo l’argine esterno del canale, verosimilmente ben bloccata all’angolo nord ovest per evitarne la percorrenza agli avversari. Il secondo accesso all’area quadrilatera della Bicocca è proprio a metà del lato ovest, dove dalla carrareccia si stacca un ponte di pietra (o in muratura) che scavalca il canale. Tenete bene a mente questo “ultimo ponte”, perché attorno ad esso si giocherà una parte importante della battaglia.
La difesa attiva dei lati ovest e sud è garantita da fanterie, tra cui vi sono compagnie di soldati milanesi armati d’archibugi, con artiglierie di piccolo calibro ben posizionate al bordo del canale su tavolati affinché i pezzi non sprofondino nel terreno molle.
Inferiormente al lato sud vi è un ampio campo delimitato e protetto dai fontanili con i relativi canali e in posizione sud est vi è Rocchetta Meschia. In tale ampio spazio è montato l’accampamento dell’esercito e sono “parcheggiati” i carriaggi. L’accampamento è protetto soprattutto dalla fanteria milanese.
In tutto Colonna può contare su circa sedici-diciotto mila uomini, tra fanti, milizia e cavalieri, e un numero imprecisato di pezzi d’artiglieria di vario calibro. Inoltre dalla Bicocca agli Archi di Porta Nuova a Milano, tra piazza Cavour e via Manzoni, corrono all’incirca 5.330 metri e in caso di sconfitta può celermente ripiegare in città, all’interno delle mura medievali.